sabato 22 maggio 2010

Banche

Sono all'assemblea nazionale di Banca Etica. Una strana banca che non propone prodotti finanziari, derivati, swap, non ti cerca di rifilare investimenti che ti rendono il 5% garantito (ma non devi leggere le clausole in piccolo), e ti racconta tutti i finanziamenti fatti. Che lavora con volontari, i cui i promotori finanziari vengono pagati indipendentemente da quanto “producono”, i dipendenti lavorano più e guadagnano meno che in qualsiasi altra banca, ma c'è la coda di gente proveniente dalle altre banche per essere assunti. Una banca che non ha accettato un singolo euro proveniente dallo “scudo fiscale”. In cui, insomma, i soldi non sono che un mezzo, e il vero guadagno è un altro.

Una banca fatta da 28 mila piccoli azionisti, con una media di 500 euro di capitale sociale a testa, più 4800 associazioni e piccole imprese. Di cui ne sono presenti qui oggi in assemblea, di persona o per delega, circa 5000, cinquemila persone che devono decidere il prossimo consiglio di amministrazione e il nuovo presidente, dopo mesi di discussione capillare in tutta Italia. Anche i candidati sono “strani”, pochi (ma bravi) bancari professionisti, molte persone esperte di cose strane come microcredito, cooperazione internazionale, energie rinnovabili.

Devo dire che sentir parlare di picco del petrolio nella relazione di bilancio di una banca fa una certa impressione. Come trovare tra i libri in vendita, all'immancabile banchino dei testi utili, il libro di Mirko Rossi “Energia e futuro”. Ma è normale in una banca che ha finanziato l'installazione di fotovoltaico ed eolico per 1MWp ciascuno, e che ha diminuito ogni anno di una buona percentuale i propri consumi energetici (riportandoli nel bilancio) nonostante l'aumento dell'attività.

Resta il problema basilare della finanza etica: chi ha soldi difficilmente è sensibile ad interessi diversi dall'accumulare soldi, e chi è sensibile a queste cose difficilmente ha soldi. E quindi ci sono pochi soldi: poco capitale sociale, quindi pochi dipendenti, poche filiali, pochi fidi erogabili. Anche perché la finanza ci guarda con molto sospetto, ma chi andiamo a finanziare, cooperative sociali, fattorie biologiche, privati che isolano la casa, addirittura nullatenenti tramite microcredito. Non sono affidabili e quindi il capitale che la banca deve mettere a garanzia è alto, 2-3 volte quello che una banca normale deve accantonare quando finanzia una bella industria. Ma se si guardano i numeri, il tasso di sofferenza (quel che non ti restituiscono), Banca Etica ce l'ha allo 0,8%, meno di un quarto della media del sistema bancario.

E il numero di conti correnti l'anno scorso è aumentato del 15%, la gente si accorge che forse è meglio tenere i soldi in una banca che sai di sicuro non investirà mai in titoli tossici. La sicurezza, la solidità di una banca dipende anche dai valori che ha, da quel che non fa, dalla trasparenza.

Per le banche l'ultimo è stato un buon anno. La strizza per la crisi finanziaria non ha impedito di continuare a fare speculazioni, cercare di guadagnare dalla confusione, dalle oscillazioni tumultuose che in un momento di crisi sono un ottimo sistema per trasferire soldi dalle tasche della gente a quello di chi con gli strumenti finanziari riesce a giocarci. Lo vediamo in questi giorni con la crisi dell'euro, dei conti della Grecia. Banca Etica guadagna solo raccogliendo e prestando soldi, e con l'abbassamento dei tassi di interesse si è ritrovata penalizzata. Aumentando del 26% il giro di soldi prestati, l'anno scorso 539 milioni in oltre 4000 prestiti, siamo riusciti a rimanere in pareggio economico. Ma sono numeri piccoli, che fan ridere qualsiasi banca. Il paradosso della finanza etica che colpisce ancora.

Insomma, è una piccola realtà che mostra come sia possibile usare i soldi per creare solidarietà, relazioni, partecipazione, per dare alle idee nuove i piedi per camminare. Una realtà che cresce, anno dopo anno, su cui 12 anni fa nessuno avrebbe scommesso (al di fuori dei pazzi che ci hanno investito i loro risparmi). Una realtà che resta una pazzia, sconosciuta a quasi tutti. Quasi tutti considerano più saggio, e prudente, investire i propri soldi in fondi vari assortiti. Quelli che se leggi le scritte in piccolo vedi sono basati su “prodotti derivati”, gli stessi che leggiamo essere all'attacco delle finanze statali dei paesi più deboli. In altre parole, quasi tutti considerano saggio mettere in mano agli sciacalli che ci stanno strangolando le armi finanziarie per farlo.

1 commento:

Skeight ha detto...

Come non concordare: forse l'ho già scritto in commenti precedenti, ma anche io ho un conto in BE, e far fruttare i risparmi con certificati di deposito che vanno a favore di microcredito, cooperazione e ambiente è impagabile (e, di recente, quasi più conveniente che non investire in BOT o libretti postali...)