giovedì 26 gennaio 2012

Nature e il picco del petrolio

Stamane sono passato con il mio motorino elettrico davanti ad un po' di distributori, tutti con la loro brava coda di auto. Mi sembrava di vivere su di un altro pianeta, visto che i distributori li frequento forse una volta al trimestre.


Ma la scena mi è immediatamente tornata in mente leggendo il numero di oggi di Nature, la più prestigiosa rivista scientifica internazionale. Vi compare un articolo di commento sulla situazione della produzione mondiale di petrolio. La cosa più carina è questo grafico, che mostra come variano i prezzi in funzione della produzione.


Fino al 2004 (punti azzurri) un aumento della produzione, e quindi dei consumi, causava un aumento proporzionale dei prezzi, che all'incirca raddoppiavano per un aumento dei consumi da 64 a 74 milioni di barili al giorno. Da allora la produzione è rimasta sostanzialmente inchiodata a 74 milioni di barili al giorno (è inelastica), con i prezzi che vanno selvaggiamente su e giù (più su che giù), seguendo più che altro l'andamento della crisi economica. C'è una leggera tendenza ad un aumento della produzione con i prezzi, ma per arrivare a 75 milioni di barili il prezzo deve superare i 100-120$. Detto in altre parole il petrolio che possiamo estrarre è quello, fatevelo bastare.

Ma un prezzo del petrolio sopra i 100$ è, a detta di diversi economisti, incompatibile con la nostra economia. Non si tratta solo delle code al distributore, il petrolio entra praticamente in tutto: energia, cibo (fertilizzanti, agricoltura meccanizzata), distribuzione e trasporti (vedi cosa succede per un banale sciopero di un po' di trasportatori), materie plastiche... E quindi stiamo vivendo da alcuni anni in una situazione in cui oscilliamo lungo un ciclo: prezzi del petrolio alti -> crisi economica -> contrazione dei consumi -> calo (relativo) dei prezzi -> timida ripresa di economia e consumi -> prezzi alti. Governo Monti, default greco, crisi dei subprime USA, alla fine tutto è causato ANCHE da quel grafico lì sopra. E per far capire la cosa anche a chi legga distrattamente, un occhiello evidenzia la frase “The price of oil is likely to have been a large contributor to the euro crisis in southern Europe.” Il prezzo del petrolio probabilmente ha dato un grosso contributo alla crisi dell'euro nell'Europa meridionale.

Le brutte notizie però non sono finite. I pozzi di petrolio esistenti stanno calando la produzione di circa il 5% l'anno (4,5%-6,7% secondo diverse fonti). La produzione di 74-75 Mil. di barili viene mantenuta mettendo in produzione nuovi giacimenti, scoperti gli anni passati e sempre più costosi. Ma per mantenere la produzione per tempi lunghi, diciamo fino al 2030, occorrerebbe scoprire un paio di nuove Arabie Saudite. Che semplicemente non esistono. Insomma, il petrolio non è finito, ne avremo ancora per un bel po', ma sempre meno e sempre più caro. Le code ai distributori sono un assaggio di quel che vivremo tra non troppi anni. E di conseguenza questa crisi non finirà mai.

Si passa quindi in rassegna le alternative. Petrolio da sabbie bituminose? Ce nìè un sacco, ma è difficile, inquinante (1) da produrre. Il Canada potrebbe arrivare a produrne 4,7 milioni di barili al giorno, il Venezuela altri due. Il carbone? Le stime delle riserve sono state recentemente riviste al ribasso (2), il carbone che si può ragionevolmente pensare di estrarre è solo una piccola parte di quanto si stimasse. Molte speranze sono state poste nel metano, in particolare allo "shale gas"(3), che però sembra molto più difficile (ed inquinante) da estrarre del previsto. A un certo punto il giacimento si rifiuta di produrre, il metano resta intrappolato nelle rocce e la produzione crolla.

Tra le conclusioni mi sembra spicchi "questioning if and how economic growth can continue without an increase in fossil fuels" (chedersi se e come si possa mantenere una crescita economica senza una crescita dei combustibili fossili). E un aumento delle tasse sui consumi petroliferi va nella direzione giusta, perché costringe ad essere più efficienti. Ma qualsiasi cosa vada fatta, va fatta ora.

Note

(1) Ed energivoro. Alla fine diventa un cane che si morde la coda, se devo utilizzare tanta energia quanta poi ne ricavo dal petrolio estratto faccio prima a lasciarlo dov'è. In pratica, considerando tutti gli altri costi energetici, non conviene estrarre petrolio se impiego più di un terzo dell'energia che ne ricavo.

(2) dimezzate rispetto al 2004, ridotte ad un quinto rispetto agli anni '90

(3) Lo "shale gas" è metano intrappolato in una roccia porosa, ma in cui i pori non comunicano tra di loro. Viene estratto fratturando la roccia, ad es. pompandoci dentro acqua in pressione.

giovedì 5 gennaio 2012

Carbon neutral

Mio fratello da qualche anno abita nella vecchia villetta in cui sono cresciuto io, finché a 18 anni sono emigrato in Toscana. Ricordo molto bene le fredde sere invernali, la testa sotto le coperte a riscaldarmi con il fiato, i calzetti addosso. I vetri perennemente appannati dalla condensa, con noi ragazzi che li usavamo a mo' di lavagna, disegnando col dito. I geloni di mia sorella. Il mio "laboratorio" era in una stanza al primo piano, e non di rado mi vedevo il fiato. Quella volta l'isolamento termico nessuno sapeva cosa fosse, tanto il gasolio da riscaldamento costava poco; ma la notte si abbassavano i termosifoni, in fondo ci sono le coperte, no?

E nessuno di noi fratelli ha mai avuto il fegato di "ereditare" quella casa, anche perché quando i miei han deciso di andare ad abitare in un appartamento più piccolo eravamo già tutti sistemati, ma anche per il dilemma tra le bollette stratosferiche e il gelo.

Be', lui ha preso il toro per le corna e questo Natale mi ha mostrato i risultati. Innanzitutto ha insufflato le pareti con isolante espanso, messo i doppi vetri (con camera come si deve, filtro IR) ai vecchi infissi di legno, fatto un cappotto al tetto. Cambiare gli infissi sarebbe costato troppo, ma già così le dispersioni si sono ridotte di un terzo. Ha considerato diverse soluzioni per una pompa di calore, ha scartato, sempre per i costi, la sonda geotermica e installato una pompa di calore da 6 KW. Per una casa che aveva prima un bruciatore da 40 kW non è male. Aveva in precedenza fatto mettere una caldaia a condensazione, che tiene per l'acqua sanitaria e per dare una spinta quando la temperatura esterna scende troppo, ma con le temperature non rigidissime (minima a zero C, massima sui 10) di quei giorni la casa era confortevole con 3 kW di potenza. L'acqua nei tubi circola a 35-38 gradi, con una pompa modulata per far circolare solo l'acqua che serve. Con quel basso salto termico, riesce ad avere un COP di 4-6, a seconda della temperatura esterna. Se il COP scende sotto il 3, parte la caldaia a condensazione. I termoconvettori hanno pure la ventola pilotata da inverter, e in condizioni normali assorbono solo 6-7W l'uno. E richiedono pure solo l'acqua calda necessaria, con valvola modulante, e sistema integratore/derivatore per il controllo. Un po' di intelligenza distribuita permette di tener conto di finestre aperte, punti freddi, ecc.

E si è installato 9,6 kWp di policristallino sul tetto. Energia da vendere, non riesce a consumarla tutta neppure mandando a manetta il riscaldamento. Pensa di prendere un'auto elettrica, anche se per ora aspetta di aver pagato i mutui più grossi. Finendo il giro in cui mi ha mostrato tutte queste meraviglie, mi ha commentato, orgoglioso: "Ora sono ad emissioni di carbonio zero".

domenica 1 gennaio 2012

Il nostro futuro (o il loro)

Anno nuovo, e uno pensa al futuro. Noi astronomi siamo decisamente un po' malati, perché il nostro futuro si misura in miliardi di anni, e fino a qualche anno fa non nutrivo particolari problemi per diversi miliardi di anni. Sì, tra circa 6,35 miliardi di anni il Sole diventerà una gigante rossa, ma anche per un astronomo è un tempo lunghetto.

Recentemente mi sono reso conto che però le cose sono un po' meno rosee. Il Sole si riscalda lentamente, tanto che diverse volte, tra 2200 e 700 milioni di anni fa la Terra ha passato dei periodi di intensa glaciazione(1), in pratica era un'unica, continua, palla di ghiaccio fino all'equatore.

Diversi processi tendono a mantenere una temperatura stabile. In parte (su tempi scala corti, da migliaia a milioni di anni) ci pensano le piante, o meglio gli organismi fotosintetici, che regolano la quantità di CO2 in modo che si rimanga in un intervallo di temperature compatibili con la vita. Su tempi più lunghi, il CO2 si combina con le rocce e viene depositato sul fondo degli oceani. La deriva dei continenti rimette in gioco il carbonio, trascinando nelle geosinclinali i fondali oceanici e riemettendo CO2 con i vulcani. Senza questo meccanismo prima o poi il carbonio si esaurirebbe.

Quindi la concentrazione di CO2 nell'aria è andata calando nelle ere geologiche, ed oggi (o meglio, prima che la facessimo rovinosamente risalire) è ai suoi minimi storici. Può calare ancora, per compensare un ulteriore aumento di attività solare, ma non per tantissimo. Tra qualche centinaio di milioni di anni (difficile stabilirlo con esattezza, circa 500-700) la temperatura raggiungerà comunque livelli tali da essere incompatibili con vita terrestre di una certa complessità(2). Resteranno specie acquatiche, più protette. Tra 1100 milioni di anni si innescherà un "effetto serra umido", che farà evaporare e perdere nello spazio gli oceani. In pratica sarà difficile che qualcosa sopravviva. E tra 3,3 miliardi di anni la temperatura sarà sufficientemente alta da liberare il CO2 dalle rocce, rendendo la Terra un deserto secco e torrido, analogo a Venere.

Be', poco male, si può emigrare, o aspettare che la vita si formi su altri pianeti. Sembrava possibile, finché non mi sono imbattuto in una serie di articoli(3) che fanno due conti sul meccanismo della deriva dei continenti di cui parlavo sopra. I continenti si spostano perché sotto di noi viene generato continuamente del calore(4) dal decadimento di isotopi radioattivi, che fa letteralmente "ribollire" il mantello, che a sua volta trascina i continenti e crea i vulcani (5). Questi isotopi si esauriscono nel tempo e in qualche miliardo di anni dovrebbero diventare troppo pochi per far funzionare il meccanismo. Molto più tempo di quanto serva al Sole per arrostirci, ma abbastanza per toglierci illusioni di campare molto più a lungo. Niente deriva dei continenti, niente carbonio, e niente vita.

Questo mette, almeno a me, in una prospettiva diversa anche il presente. Stiamo rapidamente consumando tutte le risorse minerarie (petrolio, ma anche rame, piombo, oro, indio, neodimio...) che si sono accumulate letteralmente in miliardi di anni sul nostro pianeta. Tra due secoli non ci saranno più, e nessuna civiltà futura li avrà a disposizione. Se non riusciamo a creare ora una civiltà sostenibile, torneremo in un eterno medioevo, senza una seconda possibilità. Ma neppure se ci estinguiamo possiamo sperare che in futuro una civiltà di bonobi o di armadilli, di cetacei possa avere la sua chance di una civiltà industriale. Forse tra 150 milioni di anni avranno di nuovo del petrolio, ma non più il carbone. E magari sarà un bene, visti i margini minori per un loro effetto serra.
Ma anche nei tanti pianeti extrasolari simili alla Terra che stiamo scoprendo non è detto che le cose siano troppo ospitali. Se sono troppo vecchi (molti lo sono parecchio di più del nostro pianeta) la deriva dei continenti potrebbe essersi già fermata. E quelli che si formano ora hanno troppi pochi elementi radioattivi (nel gas interstellare stanno diminuendo, non ci sono più le supernove di una volta), hanno solo un miliardo o due di deriva dei continenti a disposizione, troppo pochi per evolvere una vita pluricellulare. Insomma, non solo la vita è possibile soltanto in una fascia del disco della Galassia, ma anche in un relativamente stretto periodo di formazione dei pianeti.


Insomma, teniamoci da conto la nostra Terra, e la nostra civiltà. Cerchiamo di trovare rapidamente un modo per avere una economia e una tecnologia sostenibile. È davvero ora o mai più.

Note
(1) Un resoconto della storia climatica della Terra si trova ad es. qui.
(2) Se ci mettiamo di impegno, ce la si fa in soli 200 anni. Basta riuscire ad innescare la liberazione del metano contenuto nei clatrati, e praticamente tutta la fascia equatoriale e tropicale del pianeta diventa mortale per alcune specie. Incluso Homo sapiens. Nel resto forse si riesce a sopravvivere
(3) Questo fa una rassegna della situazione. Nella bibliografia si trovano una serie di approfondimenti.
(4) circa mezzo watt per metroquadro, 5 volte i limiti di legge italiani per le onde radio
(5)
e i terremoti, se non esistessero non saremmo qui a discutere